Il centro storico di Torino, le vie principali e le più belle piazze, i palazzi nobiliari, i circoli e i caffè visti con gli occhi di un vivace aristocratico cosmopolita, uomo politico e imprenditore, colto, amante del buon cibo e della compagnia.
Camillo Paolo Filippo Giulio Benso (1810-1861) conte di Cavour, conosciuto anche semplicemente come Cavour, è stato un politico e imprenditore italiano.
Animo libero e mente brillante, fin da bambino seppe affermare la propria personalità e ambizione, macinando grandi traguardi nella politica, nell’alta società sabauda, nell’imprenditoria e in amore.
Ottene ruoli di potere, seppe gestire responsabilità, ma non rinunciò mai ai piaceri della vita, della tavola, delle amicizie.
Sul lato sud di Piazza San Carlo, a sipario di via Roma si stagliano le due chiese gemelle di San Carlo e Santa Cristina. In San Carlo (a sinistra) venne battezzato Camillo Benso di Cavour.
I suoi padrini furono il principe Camillo Borghese e la moglie Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone.
Filippina di Sales è la nonna paterna di Camillo. Giovanissima nobildonna francese giunge a Torino per sposare il Giuseppe Filippo Benso, portando con sé una generosa dote in denaro, arguzia e ottime capacità di gestione dei beni di famiglia.
Trascorre molto tempo con il piccolo Camillo, osservandolo crescere, imparare a leggere e scrivere, viziandolo come fanno tutte le nonne.
A raccontare tanti particolari della vita privata dei Benso è Filippina stessa nel suo Diario Intimo (edizioni Tripla E).
Qui, all’ombra delle due chiese gemelle San Carlo e Santa Cristina, i Torinesi si danno appuntamento nei caffè storici affacciati sulla piazza, per una cioccolata, un bicerin, un vermouth.
A colazione, per una dolce merenda, all’aperitivo, Piazza San Carlo accoglie da sempre chi cerca una parentesi di piacere e tranquillità. A tempi di Cavour era uno dei fulcri della vita aristocratica, con il Palazzo Isarnardi di Caraglio, sede dell’esclusivo Circolo del Whist Accademia Filarmonica e la confetteria pasticceria Stratta.
Ogni mattina, prima di entrare a Palazzo Carignano per iniziare la giornata lavorativa, Camillo Benso passa da Stratta per un bicchiere di cioccolata calda. Sul bancone i camerieri gli lasciano una ciotolina ricolma di nocciole del Piemonte, sapendo che il Conte ama immergerle nella cioccolata.
In onore di questo piccolo gesto di Camillo Benso, i pasticceri di Stratta hanno creato le Gioie di Cavour, boule di cioccolato al latte o fondente con cuore di crema gianduja ricoperti di granella di nocciole tostate e caramellate.
In Piazza Carignano, Camillo Benso trascorreva la maggior parte del suo tempo, diviso fra il dovere e il piacere.
Da una parte il lavoro. Nello studio al primo piano di Palazzo Carignano si dedicava ai suoi impegni di deputato e poi di Ministro del Regno di Sardegna, gestiva i propri affari personali — come imprenditore agricolo, contribuì all’invenzione e alla diffusione di uno dei più grandi vini rossi d’Italia: il Barolo.
Dall’altra parte lo svago. Quando sopraggiungeva l’ora del pranzo, un cameriere dello storico ristorante Del Cambio sventolava un tovagliolo, dal lato opposto della piazza rispetto all'ufficio del Conte. Era il segnale che il pranzo era pronto e Cavour si precipitava al tavolo riservatogli, per deliziarsi con i piatti tipici della cucina piemontese che amava tanto.
Camillo ebbe numerose relazioni amorose con diverse donne, in Francia come in Piemonte: Clementina Guasco, Emilia Nomis di Pollone, Melanie Waldor e molte altre. Liberale in politica e in privato, con nessuna di loro scelse il vincolo matrimoniale.
Furono il primo e l’ultimo amore ad impegnarlo di più: l’amore giovanile per Anna “Nina” Schiaffino e quello maturo per Bianca Ronzani.
Bianca era una ballerina, moglie di un ballerino, mimo e coreografo, che oberato dai debiti fuggì in America. L’appassionata storia fra Camillo e Bianca è documentata da un fitto epistolario che in gran parte è andato perduto quando, alla morte di Camillo, Bianca, ritrovatasi senza protezione né stabilità economica, vendette alcune delle epistole per garantirsi dei ricavi.
"Amami e credimi, credimi e amami!" recita una delle lettere d’amore più appassionate che Camillo scrisse all’amata Bianca.